di Chiara Sentimenti
“Non chiudete le regioni. Non permettete al governo di imporre regole e divieti folli, perché come noi, tantissime altre persone si spostano fuori regione per motivi sanitari. Si parla molto in questi momenti del diritto alla salute: ma non è anche quello di nostro figlio un diritto alla salute?”. L’appello ai governatori delle Regioni, in particolare a quelli di Marche e Puglia, arriva da un papà e da un mamma di Sambucheto di Recanati, che da anni stanno lottando per garantire a loro figlio le terapie che gli consentono di crescere e superare le sue difficoltà.
Daniele Luchetta e Lia Marchese Ragona sono i genitori del piccolo Christian, un bimbo di sette anni affetto da autismo che, da due anni sta ricominciando a parlare, ha iniziato a leggere e scrivere, grazie al percorso avviato in un centro della Puglia. La famiglia Luchetta, infatti, tutti i mesi si ferma per qualche giorno dal lavoro e porta Christian fino a Bari per le terapie, a cui seguono gli esercizi da fare a casa. E ora, lo spettro di un nuovo lockdown che possa interrompere la possibilità degli spostamenti, sarebbe per il piccolo un’ennesima violenza. “Chi conosce Christian sa quanti progressi abbia fatto in questi due di terapie e quanto margine abbia ancora di miglioramento – racconta papà Daniele –, anche se per noi non è facile scendere in Puglia tutti i mesi. Nostro figlio ha cominciato a dire frasi in maniera corretta e sta acquisendo autonomia nella lettura e nella scrittura e, dal buio più totale di anni fa, abbiamo iniziato a vedere quella luce in fondo al tunnel e ciò che possiamo constatare ora è un miracolo”. Poi con il primo lockdown, le terapie sono state interrotte. “Per quattro mesi abbiamo potuto seguire nostro figlio solo in casa perché fortunatamente avevamo ancora degli esercizi da fargli fare e un grande aiuto è stato l’attaccamento che Christian ha sviluppato per la sorellina Naomi. Ma un secondo lockdown per noi sarebbe una tragedia. Chi ha a che fare con la neuropsichiatria infantile sa bene cosa significhi interrompere certe terapie e noi non possiamo permetterci di perdere tempo”. Da giugno, invece, Christian ha potuto ritrovare la sua terapeuta che, seppur mascherata da “acchiappafantasmi” (come gli hanno detto mamma e papà) dietro a tuta bianca e mascherine, è potuta tornare a dargli affetto e dedizione.
“In questo clima in cui si respira un possibile ritorno alla chiusura – conclude Luchetta – siamo molto preoccupati, non tanto per l’idea di rimanere nuovamente senza lavoro, visto che io sono imbianchino e mia moglie si occupa di contabilità aziendale, ma perché non possiamo permettere che nostro figlio resti senza terapie. Come si può pensare di chiudere tutto per un virus con cui dovremo imparare a convivere e che non ha più un’incidenza come a marzo, privando le persone che hanno altre complessità di essere curati nella maniera più opportuna per loro?”.
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Fonte: Il resto del Carlino
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