«Nostro figlio autistico di 7 anni ha il diritto di curarsi: nuovo lockdown sarebbe una tragedia»

Un disperato appello a Francesco Acquaroli e Michele Emiliano, governatori delle Marche e della Puglia a non permettere una nuova chiusura delle regioni e un nuovo lockdown. Arriva da Recanati e a lanciarlo sono Daniele Luchetta e Lia Marchese Ragona, genitori di due bambini Christian di 7 anni e Naomi di un anno e mezzo.

«Nostro figlio più grande ha una diagnosi di spettro autistico rilasciata dal centro regionale sull’autismo dell’ospedale di Fano – raccontano – L’iniziale senso di smarrimento che ha invaso le nostre vite ( e vi lascio immaginare quanto sia stato devastante) ha pian piano lasciato posto alla determinazione nel voler intervenire affinché il nostro bambino potesse superare queste difficoltà».
Dopo mesi di interventi e terapie senza i risultati sperati la coppia si è rivolta a un centro in Puglia, nei pressi di Bari, «dove i bambini autistici imparano a parlare, a leggere e scrivere in modo stupefacente, acquisendo una preparazione adeguata per raggiungere nel corso del tempo lo stesso livello dei loro coetanei. Non si tratta di eliminare il problema di autismo con la bacchetta magica, ma di iniziare un percorso terapeutico fatto di tanto sacrificio e impegno da parte di ognuno di noi. Così è da due anni che abbiamo deciso come famiglia di frequentare questo centro, scendendo una volta al mese in Puglia per due giorni di terapie, accompagnate poi da esercizi da fare a casa quotidianamente. Chi conosce bene Christian sa quanti progressi abbia fatto in tutto questo tempo e quanto margine abbia ancora di miglioramento».

Dal buio più totale la famiglia ha cominciato a vedere una luce, fino al lockdown.

«Quando a marzo è arrivato il coronavirus si è fermato tutto e per la bellezza di quattro mesi non ci siamo più potuti andare a causa del lockdown e di tutte le restrizioni. Quattro mesi difficili e tosti, e chi è esperto di neuropsichiatra infantile sa quanto è dannoso per un bambino autistico sospendere per tutto questo tempo queste tipo di terapie; quando si ha a che fare con i bambini con questi problemi non bisogna perdere tempo perché prima si interviene e più giovamento si potrà ottenere. Figuriamoci cosa possa significare dover sospendere un percorso terapeutico per un tempo così lungo; per non parlare poi della chiusura delle scuole; essere quindi privato anche dell’istruzione e della compagnia dei suoi amichetti che gli hanno sempre voluto un gran bene»

Poi a giugno ha riaperto i battenti con tutte le misure di sicurezza: «La stessa terapista, con la quale il nostro bambino aveva sempre lavorato faccia a faccia, ora ce la ritroviamo ogni volta vestita con la tuta bianca anticovid, la mascherina Ffp2 e con tanto di visiera: questo per farvi capire le misure forse addirittura eccessive che sono costretti ad adottare per scongiurare in tutti i modi un possibile contagio.

E nonostante il fatto che ogni volta sembri di lavorare con l‘acchiappafantasmi, nostro figlio ha continuato a migliorare il suo livello di apprendimento lavorando comunque bene insieme alla sua (ormai amica) dottoressa, che con il sudore addosso per tutta l’ estate, lei come tutte le altre sue colleghe terapiste, ha sempre lavorato con estrema professionalità, passione e dedizione».

Ora la famiglia teme un possibile ritorno alla chiusura totale. «Un nuovo lockdown sarebbe una tragedia. Noi siamo una famiglia molto umile; io e mia moglie siamo liberi professionisti: io sono un imbianchino, lei si occupa di contabilità aziendale. Ma il nostro timore non è tanto l’idea di rimanere nuovamente senza lavoro (che sarebbe comunque in senso generale il problema più grande, perché se son si lavora non si può neanche mangiare) ; perché in qualità di credenti sappiamo che Dio provvede sempre per i suoi figli e noi abbiamo questa fiducia. Ma il nostro timore più grande è infatti il pensiero che Christian dovesse essere nuovamente privato delle terapie.

Si parla molto in questi tempi del diritto alla salute; ma non è anche quello di nostro figlio un diritto alla salute?
Come si può pensare di chiudere tutto, a motivo di un virus che ha una percentuale così bassa di letalità, e per cui abbiamo anche le cure, privando le altre persone che hanno altre complessità di essere curati nella maniera più opportuna per loro?».

Da qui il loro appello: «Non chiudete le regioni. Non permettete al governo centrale di imporvi regole e divieti folli. Perché come noi, tantissime altre persone si spostano fuori regione per motivi di salute».
Poi un’ultima riflessione riguardo la riapertura delle scuole. «Quello di cui hanno bisogno i nostri bambini non è solo l’istruzione; una parte fondamentale per la vita di un bambino (e ancora di più per bambini come Christian) è la socializzazione, fatta di dimostrazioni di affetto da parte delle maestre, di abbracci, di bacini con i suoi compagnetti, e perché no, anche di qualche piccolo “scontro“ che non può che aiutare a formare il carattere. Invece le scuole sono diventate ambienti in cui per un bambino sembra di essere in prigione per tutte le regole e i divieti che bisogna rispettare. Perché riversare tutto questo terrore verso i nostri figli? Per favore, torniamo ad usare il buon senso, perché sono convinto che ancora in gran parte risiede in ognuno di noi».

(a. p.)

Fonte: Cronache Maceratesi

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